di Paolo Fanelli, Pesaro, Asur Marche (*)
Intervento per il Convegno Un'occasione perduta, Pisa, ottobre 2008, http://occasioneperduta.ning.com/
Vorrei rifarmi all'invito di Flavia Marzano
«Perché siamo qui
Stiamo organizzando il primo (secondo) evento di rilancio di UnaRete. Vorremmo riuscire a organizzare un incontro da cui nascano tesi nuove e serie sul tema della Società dell'Informazione e della Conoscenza! Siete stati invitati perché pensiamo che possiate essere elementi essenziali per la costruzione di queste nuove tesi e di questo grande evento di ri-nascita! Non abbiamo perso le speranze e soprattutto non abbiamo perso la passione e le idee per cambiare!
Last updated by Flavia Marzano 8 Jun.»
e allo scritto «Nuove Libertà nella Società dell'Informazione e
della Conoscenza» Posted by Flavia Marzano on September 2, 2008 at 1:10pm
di Flavia Marzano e agli interrogativi sulle anomalie italiane
Nei quali si prendono in esame alcune anomalie
«1. Uno dei risultati di questa anomalia è che le scelte “politiche” su come far evolvere il paese sul piano tecnologico vengono prese dai TECNICI che pur agendo nella migliore buona fede non sempre orientano le scelte in conformità agli indirizzi generali che dovrebbero essere dettati dalla politica.»
«2. Un altro elemento di anomalia è la MODALITA DI DIFFUSIONE E DISTRIBUZIONE DI TUTTI I CONTENUTI DIGITALI che vengono ideati, prodotti o acquistati grazie a finanziamenti pubblici (articoli universitari o di centri di ricerca, materiale fotografico e filmati prodotti dalla PA, libri, documenti, musica,...)»
e ci si pone la domanda «ma allora perché non si “converge” verso soluzioni libere?» e si prospettano
«Le grandi opportunità offerte dal software libero e dalla libera diffusione della conoscenza possono fungere da volano non solo per la PA ma anche per le PMI italiane » che tuttavia non vengono colte.
Di fronte alla pigrizia italiana vorrei offrire un altro punto di vista per osservare la questione, sottoponendo alla vostra attenzione questa pagina
http://www.iuav.it/Facolta/facolt--di/didattica/laboratori/Project-wo/Utenti--ra/bibliograf/Testi-di-a/LANZARA_La_genesi_delle_routine.pdf
scritta da Giovan Francesco Lanzara sul rapporto prassi quotidiane (routine) nelle ORGANIZZAZIONI e CONTESTO FORMATIVO che le ha generate.
Cito un passo del libro: «La genesi di una routine - la sua progettazione, invenzione, ristrutturazione - non può avvenire se non creando allo stesso tempo anche il contesto che le dà forma. Progettazione di routine e creazione di contesti sono in molti casi operazioni complementari, o addirittura duali. La routine nasce per distinzione da un contesto che la forma, mentre il contesto si struttura e diventa visibile come riferimento al quale la routine rinvia.»
È stato detto che «L’anormalità del nostro Paese sta invece nella fortissima difficoltà che esso ha nel vincere l’attrito della “partenza”, nel vincere le ritrosie che portano al cambiamento,» e credo tali difficoltà di questa fase di evoluzione delle reti di sistemi digitali abbiano a che fare con una sostanziale sottovalutazione del ruolo del contesto formativo.
Il contesto formativo potremmo definirlo come quella esperienza sociale individuale o collettiva capace di "generare il significato" attorno ad un agente significante: un simbolo linguistico oppure uno strumento di lavoro. Potremmo definirlo anche come routine guida che media la nostra percezione della realtà, riducendone la complessità interpretativa ed il disordine dei significati oppure potrebbe significare anche una “rappresentazione simbolica di una situazione”. Naturalmente questo contesto formativo da comodo strumento pratico e psicologico si può trasformare rapidamente in una trappola generatrice di pigrizia in chi deve prendere decisioni in merito alle nuove tecnologie: politici, dirigenti e operatori ICT nelle istituzioni pubbliche e organizzazioni private.
Il "contesto formativo" preesistente alla diffusione dei network attuali è stato sostanzialmente disegnato attorno alla centralità del personal computer, ossia l'oggetto macchina da scrivere con il software per scrivere e far di conto, oggetto simbolo di un contesto formativo che ora funge da ostacolo alle innovazioni che le ICT dei social network comportano. In altre parole non ci si condivide nulla, neppure la stampante, e tanto meno i files o le applicazioni web.
É la “cultura del personal” che tuttora domina nelle organizzazioni dove è stato introdotto un primo livello di ICT, infatti spesso anche le reti o non ci sono o sono malfunzionanti. Di conseguenza anche il software non rappresenta un prodotto da costruire collettivamente attraverso una comunità di pratiche, e quindi non risponde sicuramente ad una logica sistemica. È semplicemente un prodotto acquistato sul mercato per risolvere singole problematiche, protocollo, anagrafe e via dicendo, ma guai a chiedere di far dialogare tra loro i software.
Se nonché un altra cultura sta diffondendosi rapidamente nella società: quella legata alla prassi della comunicazione P2P, delle chat, dei forum, dei wiki, legata alle esperienze della blog generation, ma ovviamente questo non succede nelle istituzioni pubbliche e nelle organizzazioni private dominate dalla gerontocrazia.
L'esperienza della condivisione in rete per la blog generation è una esperienza di vita quotidiana per cui il loro contesto culturale non solo non rappresenta un ostacolo, ma al contrario è un potente pungolo verso l'innovazione.
Interrogarci sul ruolo dei contesti nel processo di innovazione e sui motivi della limitata percezione che i soggetti sociali ne hanno, rappresenta un percorso difficile ma necessario per superare l'apatia progettuale e operativa in tema di ICT, che ostacola il pensiero critico e l'innovazione organizzativa e tecnologica.
In altre parole gli amministratori ed i dirigenti nonché gli stessi operatori ICT, sono “schiavi delle abitudini” consolidate negli anni '90, in special modo in Italia, la quale non brilla in tema di innovazione tecnologica e scientifica. In questo credo stia l'anormalità italiana in tema di ICT cioè nell'accontentarsi di soluzioni informatiche di basso profilo, dove ciascun Ente rimane abbarbicato sulle proprie procedure “sempre molto difficili da interrogare e da far dialogare con il mondo”.
Si tratta, credo, di dedicare risorse ad un lavoro culturale a sostegno del processo di innovazione, in particolare per diffondere quegli elementi fondamentali della cultura digitale che non è per nulla diffusa nel nostro Paese. Per cultura digitale intendo in questo caso gli elementi della sociologia della cultura digitale ovvero lo studio degli effetti sociali prodotti dall'utilizzo di strumenti digitali. Per introdurre quegli elementi di consapevolezza socio-organizzativa legati all'uso delle ICT e superare la cultura della neutralità sociologica dei mezzi tecnologici.
Dal punto di vista sociologico possiamo chiederci come migliorare la prassi lavorativa soprattutto ponendo attenzione all'analisi dei presupposti impliciti del cambiamento, e migliorando le abilità autoriflessive dei gruppi sociali.
Prestando attenzione alle relazioni tra la conoscenza tacita, le soluzioni tecnologiche implicite e le prassi lavorative è possibile sottoporre al processo di analisi critica il contesto che normalmente viene dato per scontato.
Dalla mia piccola esperienza professionale nella sanità marchigiana, ho potuto constatare che l'utilizzo di strumenti di social networking negli ambienti di lavoro in particolare di wiki professionali o specialistici, può costituire uno dei mezzi per rimettere in discussione i contesti formativi e le prassi operative consolidati da molti anni di consuetudini. L'introduzione di questi mezzi può aiutare la costituzione di comunità di pratiche, anche su area vasta, che rappresentano un nuovo contesto formativo, in grado di creare una identità collettiva anche su progetti.
Cito, a questo proposito, dei progetti su area vasta di comunità di pratiche orientate a progetti di condivisione delle esperienze, risorse e conoscenza: 1) gruppo provinciale igiene industriale; 2) gruppo provinciale emergenza popolazioni animali.
Tali esperienze sono finalizzate alla sedimentazione di conoscenze condivise, alla condivisione delle conoscenze professionali, e al rapido accesso dei nuovi arrivati alle conoscenze. L'adozione di nuove prassi professionali necessariamente legate all'utilizzo dei social network è stata l'occasione per rivisitare vecchie prassi consolidate di lavoro e di uso delle ICT.
In particolare la collocazione distribuita sul territorio provinciale dei gruppi e la necessità di coordinarsi operativamente sono state le ragioni per spingere l'organizzazione a riflettere su se stessa e ad adottare nuove modalità di utilizzo delle ICT tra cui anche l'uso e lo sviluppo del software open source nel nostro Dipartimento sanitario.
Linkgrafia
• http://it.wikipedia.org/wiki/Conoscenza_tacita
• http://it.wikipedia.org/wiki/Marshall_McLuhan
• http://it.wikipedia.org/wiki/Derrick_de_Kerckhove
• http://en.wikipedia.org/wiki/Claudio_Ciborra
• http://en.wikipedia.org/wiki/Social_informatics
Bibliografia
• Mario Bolognani, La socioinformatica, Franco Angeli
• Marshall McLuhan, Gli strumenti del Comunicare (Il Saggiatore, Milano) ISBN 88-515-2029-1;
• Claudio Ciborra, G.Francesco Lanzara, Labirinti dell'innovazione. Tecnologia, organizzazione, apprendimento, Milano, Etas libri, 1999
• Lanzara G.F., Capacità negativa. Competenza progettuale e modelli di intervento nelle organizzazioni, Il Mulino, Bologna, 1993.
• Ciborra Claudio, I labirinti dell'informazione. Sfida alla sapienza dei sistemi, Editore: Sellerio di Giorgianni, 2008
• Cristina Zucchermaglio, Francesca Alby, Gruppi e tecnologie al lavoro, Editori Laterza, 2005.
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